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l’Ascesa
Morgan Rice


Le Cronache dell’invasione #3
MESSAGGI DALLO SPAZIO è avvincente, inaspettato e fermamente radicato in forti profili psicologici supportati da elementi fantascientifici e pregni di suspense: cos’altro potrebbero desiderare i lettori? (Solo la rapida pubblicazione del secondo libro, L’arrivo. ) Midwest Book ReviewDalla scrittrice di Libri fantasy numero #1 al mondo, Morgan Rice, arriva il libro #3 di una serie fantascientifica da tempo attesa. Con il pianeta Terra distrutto, cosa ne sarà dei tredicenni Kevin e Chloe sulla navicella madre?Gli alieni li ridurranno in schiavitù? Cosa vogliono? Ci sono speranze di fuga?E Kevin e Chloe torneranno mai sulla Terra?Pieno zeppo d’azione … Lo stile della Rice è consistente e le premesse sono intriganti. Publishers Weekly, parlando di Un’impresa da eroiUn fantasy superiore… Un libro vincitore, raccomandato per coloro che amano lo stile epic fantasy alimentato da giovani protagonisti potenti e credibili. Midwest Book Review, parlando de L’ascesa dei DraghiUn fantasy pieno zeppo d’azione che si sicuro piacerà ai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice, insieme agli amanti di opera come IL CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini… I fan della fiction per ragazzi divoreranno quest’ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora. The Wanderer, A Literary Journal (parlando de L’ascesa dei draghi) Il libro #4 nella serie sarà presto disponibile. Sono disponibili anche le molte serie di Morgan Rice nel genere fantasy, inclusa UN’IMPRESA DA EROI (LIBRO #1 ne L’ANELLO DELLO STREGONE), un libro scaricabile gratuitamente, con oltre 1. 300 recensioni a cinque stelle!







L’ASCESA



(LE CRONACHE DELL’INVASIONE -- LIBRO 3)



MORGAN RICE



TRADUZIONE ITALIANA

A CURA DI



ANNALISA LOVAT


Morgan Rice



Morgan Rice è l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri; della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA che comprende 8 libri; e della nuova serie epic fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE, che comprende otto libri (ed è in prosecuzione); della nuova serie di fantascienza LE CRONACHE DELL’INVASIONE che comprende quattro libri e della nuova serie fantasy OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI, che comprende tre libri (ed è in prosecuzione). I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue.



Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati!


Cosa dicono di Morgan Rice



“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”

--Books and Movie Reviews

Roberto Mattos



“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”

--The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)



“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)



“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos



“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”

--Publishers Weekly


Libri di Morgan Rice



OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI

LA FABBRICA DELLA MAGIA (Libro #1)

LA SFERA DI KANDRA (Libro #2)

GLI OSSIDIANI (Libro #3)



LE CRONACHE DELL’INVASIONE

MESSAGGI DALLO SPAZIO (Libro #1)

L’ARRIVO (Libro #2)

L’ASCESA (Libro #3)

IL RITORNO (Libro #4)



COME FUNZIONA L’ACCIAIO

SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)



UN TRONO PER DUE SORELLE

UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)

UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)

UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)

UN LAMENTO FUNEBRE PER PRINCIPI (Libro #4)

UN GIOIELLO PER I REGNANTI (LIBRO #5)

UN BACIO PER LE REGINE (LIBRO #6)

UNA CORONA PER GLI ASSASSINI (Libro #7)

UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Libro #8)



DI CORONE E DI GLORIA

SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)

FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)

CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)

RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)

SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)

EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)

SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)

VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)



RE E STREGONI

L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)

L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)

IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)

LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)

IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)

LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)

L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)



LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)

ARENA TRE (Libro #3)



VAMPIRO, CADUTO

PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)



APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

PROMESSA (Libro #6)

SPOSA (Libro #7)

TROVATA (Libro #8)

RISORTA (Libro #9)

BRAMATA (Libro #10)

PRESCELTA (Libro #11)

OSSESSIONATA (Libro #12)


Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!






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Copyright © 2018 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.


INDICE

CAPITOLO UNO (#u270957b2-7b8a-5fc4-a734-bae3d3694159)

CAPITOLO DUE (#u7a3f1a3e-0d3c-5880-a8b0-df1b4f0efcfd)

CAPITOLO TRE (#ue765aa88-7461-5fe4-adb1-2df0235e7b1a)

CAPITOLO QUATTRO (#ued609542-257f-5d43-9d46-84e2e63b34b8)

CAPITOLO CINQUE (#u37f482b0-0e9e-5ac4-ac4c-1ff15ed0a54b)

CAPITOLO SEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


Kevin fissava inorridito la piccola navicella che trascinava lui e Chloe all’interno, sentendosi completamente impotente mentre entrambi salivano nel fascio di luce. Penzolavano sospesi nell’aria, ruotando inermi su loro stessi mentre la navicella li tirava su.

Era stato così certo di poter fermare gli alieni usando il virus che avevano preso dalle fosse di catrame, ma gli alieni avevano rimandato indietro la fiala vuota, quasi con disprezzo.

Ma quello non era il peggio. La cosa peggiore era che Luna non c’era più. L’avevano trasformata in una di loro, e questo faceva male a Kevin, ben più di quanto avrebbe mai creduto possibile.

Chloe gridava accanto a lui mentre salivano, roteando nell’aria come se non ci fosse più alcuna cognizione di sopra e sotto. Kevin poteva percepire la sua paura, ma anche la rabbia.

Il metallo si chiuse attorno a loro ed entrambi caddero sul pavimento della piccola navicella che li aveva risucchiati. Kevin si sforzГІ di mettersi in piedi, preparandosi e in parte aspettandosi di essere attaccato da qualche forza aliena.

Invece si trovò nel mezzo di una grande stanza rotonda con le pareti bianche. C’era una sorta di portellone circolare sul pavimento che sembrava potersi aprire e richiudere come l’obiettivo di una macchina fotografica. Poi nient’altro.

Chloe si avvicinГІ a una delle pareti e vi picchiГІ contro un pugno.

“Kevin, cosa facciamo adesso?”

Kevin avrebbe voluto avere una risposta. Ma dopo tutto quello che era successo lГ  sotto, non pensava di poter piГ№ avere risposte in generale.

“Non lo so,” disse.

Chloe colpì la parete un’altra volta e il colpo risuonò sordo all’interno.

“Chloe, questo non…”

Improvvisamente si trovarono sospesi nell’aria. La parete era ora un vetro trasparente che faceva vedere chiaramente a Kevin la città di Sedona che si allontanava sotto di lui, e la grossa navicella sopra di loro, verso la quale si stavano dirigendo.

Da quella distanza ravvicinata, Kevin poteva vedere la porta – molto simile all’antro di una caverna – aperta per accoglierli, permettendo alla navicella di entrare in quello che doveva essere un hangar. Si sentì il fruscio di qualcosa quando vi passarono attraverso, un qualche scudo o membrana che si trovava lì per mantenere l’atmosfera al suo posto.

“Incredibile,” disse Chloe sussultando.

Kevin non poteva non essere d’accordo. L’hangar era tanto grande da poter contenere decine di navicelle, tutte connesse a delle passerelle. Anche la loro navicella si attaccò a una di esse.

Si fermarono di scatto e una sezione della parete scivolГІ lateralmente, rivelando una porta aperta.

Kevin e Chloe si fissarono tra loro. PerchГ© nessuno andava loro incontro? PerchГ© nessun attacco?

“Quindi vogliono che usciamo?” chiese Chloe. “Perché non ci hanno ancora uccisi?”

Kevin si stava chiedendo le stesse cose.

“Forse è una trappola,” disse.

Chloe si mise a piangere.

Kevin le posò una mano sul braccio. Sapeva quanto la situazione potesse peggiorare, e si trovava combattuto tra i sentimenti di preoccupazione per Chloe e dubbio per ciò che sarebbe potuto succedere loro. Perché erano soli? Perché non c’erano degli alieni ad aspettarli, come avrebbero fatto dei poliziotti o dei soldati?

“Dobbiamo uscire?” chiese Kevin. “O restare qui?”

Chloe lo guardГІ.

“Nessuna delle due opzioni mi sembra sicura,” disse.

Con sorpresa di Kevin, Chloe andò verso l’apertura, e lui la seguì. Ma improvvisamente si fermò, andando a sbattere dritta contro qualcosa. Era un’illusione: una parete trasparente che le impediva di andare oltre, pur consentendole di guardare fuori.

Poi la piccola navicella si mise nuovamente in movimento, lentamente, in mezzo all’enorme hangar.

Kevin si portò accanto a Chloe e guardò meravigliato insieme a lei. L’hangar era enorme e con i contorni arrotondati, le pareti che sembravano pulsare di potere. Ma oltre a file e file di navicelle, lo spazio era vuoto.

Non c’era gente catturata, niente macchinari in funzione né alieni.

“Dove sono tutti?” chiese Chloe, dando voce ai suoi pensieri.

Kevin non rispose, perchГ© era troppo impegnato a guardare verso la Terra. Sedona era sotto di loro, apparentemente molto vicina, ma allo stesso tempo penosamente lontana.

“Perché non stiamo precipitando verso il basso?” si chiese a voce alta.

Chloe lo guardò accigliata, si diede un’occhiata attorno e poi scrollò le spalle. “Non lo so. Magari la gravità funziona in modo diversi qui. Sono contenta che non stiamo cadendo, comunque.”

Anche Kevin era contento di questo, perché sarebbe stato davvero un bel volo. Gli ci volle un po’ per rendersi conto che sembrava che si stessero allontanando sempre più a ogni minuto che passava, retrocedendo poco alla volta, gli edifici che si facevano più piccoli, fino a che Kevin non poté più distinguerli.

“Ci stiamo ancora muovendo!” disse. “Stiamo andando verso lo spazio!”

Nonostante tutto, nonostante gli orrori che avevano inflitto al mondo e al pericolo in cui probabilmente ora si trovavano, nonostante il fatto che non erano riusciti a distruggere gli alieni, Kevin doveva ammettere di sentirsi in parte emozionato. L’idea di andare effettivamente nello spazio era quasi troppo incredibile da credere.

“Sarebbe una figata, se non fosse per il dove stiamo andando,” sottolineò Chloe.

Kevin poteva sentire la paura nelle sue parole, e in parte la provava pure lui. Se stavano andando verso l’alto, allora c’era solo un posto dove potevano essere diretti, e sicuramente era un posto pericoloso per tutti e due. La nave madre era sospesa sopra di loro, la sua superficie rocciosa punteggiata da torri che somigliavano a punte, ma quasi del tutto vuota per il resto.

Faceva paura, ma poteva anche darsi che fosse la loro migliore opportunitГ  di riuscire effettivamente a fare qualcosa per tutta quella situazione.

“So che hai paura,” disse Kevin. “Ma non c’è nulla che possiamo fare per fermare questa cosa. E guarda l’aspetto positivo: non siamo riusciti a fermarli sulla terra, ma magari qui ci riusciremo.”

Chloe ridacchiò sarcastica. “Come?”

Kevin scrollò le spalle. Ancora non lo sapeva. Doveva esserci un modo. Magari c’era la possibilità di bloccare le cose che gli alieni stavano facendo. Magari c’erano modi per depistarli, o lottare contro di loro, o addirittura ucciderli.

“Dobbiamo provare,” disse Kevin.

Non poteva fare a meno di pensare a Luna. Ciò che le era successo era molto peggio che essere trasportato all’interno di una qualche navicella aliena.

Rimasero lì in silenzio, guardando la Terra che diventava sempre più piccola sotto di loro. Presto fu delle dimensioni di un’anguria, poi di una palla da baseball, poi di una biglia in mezzo al cielo notturno.

Kevin si girГІ e guardГІ la navicella madre. Non si era reso conto prima di quanto fosse grande il mondo alieno, e fu solo quando il mezzo virГІ e si spostГІ nello spazio che ebbe una reale idea di quanto fosse enorme.

“È proprio un mondo,” disse Kevin, incapace di trattenere la meraviglia dalla voce.”

“Questo lo sapevamo,” disse Chloe. Era lassù in cielo.”

“Ma proprio un mondo…”

C’era una differenza tra vedere qualcosa in lontananza ed esserci davanti. Come con la luna, Kevin avrebbe potuto coprire la navicella madre con il palmo della mano da terra, ma ora che si trovavano lì, essa si dispiegava lunghissima in ogni direzione. Sulla superficie c’erano delle strutture, anche se per la maggior parte appariva desolata e vuota, solo con le torrette giganti che spuntavano come spine di un porcospino. C’erano anche delle aperture che sembravano fauci, tanto grandi che anche una navicella come quella in cui si trovavano avrebbe potuto passarci. Kevin non poteva immaginare cosa avesse potuto scavare aperture come quelle su quel mondo, ma ora aveva cose più importanti a cui pensare.

“Penso che stiamo per entrare,” disse Kevin. E non intendeva solo in un mondo, ma all’interno di esso, oltre il guscio esterno della sua superficie.

Chloe non sembrava per niente felice di fronte a quella prospettiva. “Saremo in trappola. Non troveremo mai un modo per uscire.”

“Invece sì,” la rassicurò Kevin.

Doveva crederlo. L’alternativa era pensare che stavano andando incontro alla loro morte, mentre la navicella che li trasportava saliva all’interno della superficie del mondo…

… entrandoci.

Kevin fissava la scena. L’interno della navicella madre era come un guscio vuoto, e dentro c’era tutto ciò che Kevin avrebbe pensato di vedere sulla sua superficie. Oceani e masse di terra, veicoli che andavano avanti e indietro e città così grandi da occupare ogni centimetro di terreno a disposizione, trasformando l’intera grande navicella in un gigante alveare brulicante di attività. Dei pinnacoli si ergevano da diversi punti della grande città, dorati e luccicanti, come palazzi che si stagliavano in mezzo al resto. Un’enorme sfera oro-rossiccia pulsava al centro del pianeta, emanando luce e calore.

A Kevin parve di vedere delle figure in basso, ma erano troppo lontane per distinguerne i dettagli.

“Alieni,” disse Chloe, guardando a sua volta. “Non gente controllata da loro, non messaggi, non le loro voci… alieni.”

Kevin sapeva cosa intendesse dire. Per tutto questo tempo, avevano avuto solo degli accenni dell’esistenza degli alieni, avevano visto solo gli effetti di ciò che potevano fare. Ora si trovavano nel mondo degli alieni, e ce n’era così tanto.

Sentirono il rumore dell’atterraggio quando la navicella su cui viaggiavano andava a posarsi sul terreno, dando loro completa visuale su una città in cui creature di ogni forma e dimensione camminavano a strane angolazioni, apparentemente messe trasversalmente o con la testa all’ingiù, contro ogni legge della gravità. O forse avevano loro stesse il controllo della gravità, così che ogni posizione poteva risultare per loro quella corretta.

Questa volta la porta di aprì davvero. Kevin poté sentire la leggera brezza n viso, tiepida e mite, pregna di un odore mai sentito.

La cosa che lo sorprese di più, però, era ciò che li aspettava dall’altra parte.

Un terzetto di figure era lì in piedi, tre individui pronti ad accoglierlo.

Erano quasi identici, cosa che agli occhi di Kevin pareva quasi impossibile in quel posto. Erano alti e senza capelli, con la pelle pallida e occhi che gli ricordavano quelli delle vespe, eccetto per il fatto che erano di colore bianco candido. Indossavano delle lunghe tuniche sopra a una tuta da ginnastica chiara, e sembravano avere addosso un assortimento di dispositivi di metallo.

Quello che si trovava al centro parlГІ. Le sue parole arrivarono in inglese da un traduttore che aveva al braccio, ma Kevin non aveva bisogno di dover tradurre quel monotono e piatto discorso. Lo fece il suo cervello per lui.

“Benvenuto, Kevin McKenzie. Ti stavamo aspettando.”




CAPITOLO DUE


Kevin fissava l’alieno che aveva parlato, l’orrore che gli scorreva dentro.

L’alieno lo guardava a sua volta con i suoi grandi occhi bianchi, e parlò ancora mentre i due ai suoi fianchi restavano in silenzio. Le parole venivano tradotte automaticamente nella testa di Kevin prima che lo facesse il dispositivo.

“Io sono Puro Xan dell’Alveare,” disse l’alieno. “I due accanto a me sono Puro Ix e Puro Ull. E voi siete Chloe Baxter e Kevin McKenzie, primati del pianeta Terra.”

Kevin era stupefatto. Gli ci vollero diversi secondi per mettere ordine tra i propri pensieri.

“Siamo umani,” disse, intenzionato a correggerli, a parlare con loro, addirittura magari a convincerli. Dopotutto gli stavano parlando in un modo in cui non si erano preoccupati di rivolgersi a nessun altro.

“Primati,” rispose Puro Xan, “come ho detto. Esseri inferiori, ma forse esseri da cui può valere la pena di imparare qualcosa.”

Non c’era alcuna emozione nel modo in cui l’alieno parlava, ma ci fu una particolare inflessione e variazione quando accennò all’imparare, tale da far scorrere un brivido lungo la schiena di Kevin.

“Cosa intendi dire?” chiese Kevin. “Cosa intendete farci?”

“Le nostre navicelle madri viaggiano per raccogliere risorse,” spiegò Puro Xan. “Tecnologia, minerali, menti, corpi a cui poter ridare forma. Vi faremo dei test per imparare cose nuove, fino a che non ci sarete più utili. Poi vi potremo gettare via.”

Kevin vide il volto di Chloe impallidire, e anche lui poteva condividere la sua paura. Il pensiero di essere smembrato e fatto a pezzi per motivi di studio e poi gettato via era terrificante.

“Non abbiamo paura di voi,” disse Chloe, sforzandosi di mettere tutta la sfida possibile nella sua voce.

“Sì invece,” disse Puro Xan. “Sei un essere inferiore, con paure e bisogni, debolezze e difetti. Non appartieni all’Alveare. Non appartieni ai Puri. Noi non abbiamo queste debolezze, ma solo gli aspetti migliori, concessi a noi dai nostri modellatori delle membra.”

“Pensate di essere perfetti?” chiese Chloe. “Pensate di essere perfetti, così come siete?”

“Non ancora,” disse Puro Xan. “Ma lo saremo. Basta parlare a essere di ordine inferiore adesso.”

L’alieno si rivolse agli altri, e Kevin capì che le parole successive sarebbero state prendeteli.

“Scappa!” gridò a Chloe, ed entrambi si girarono, scattando alla massima velocità possibile. Kevin correva più veloce di quanto il suo corpo gli permettesse, ignorando il dolore e la fatica, ignorano il modo in cui la sua malattia cercava di trascinarlo a terra a ogni passo, e sperando che, se lui e Chloe fossero riusciti a guadagnare sufficiente vantaggio, avrebbero potuto seminare Puro Xan e gli altri nel caos della nave madre.

“Dove andiamo?” chiese Chloe.

“Non lo so,” disse Kevin. Non aveva ancora nessun piano, nessuna idea di cosa avrebbero fatto poi.

ContinuГІ a correre, arrischiando una rapida occhiata alle spalle per vedere se gli alieni li stessero inseguendo. Ma se ne stavano fermi, apparentemente in concentrazione. Uno di loro toccГІ una cosa che aveva al braccio.

Senza alcun preavviso, il mondo divenne più pesante. Era come se dei pesi stessero premendo dall’alto su Kevin, rendendolo troppo consistente da poter stare in piedi. Si sforzò per non cadere a terra e vide Chloe fare lo stesso, spingendo verso l’alto, come a poter sollevare il cielo sopra di loro. Ma non era l’aria: era come se le stesse ossa e i muscoli di Kevin fossero troppo pesanti, la gravità che li trascinava verso il terreno con una forza molto più potente del solito.

“È la roba che permette loro di stare appiccicati alle pareti,” esclamò Kevin, pensando al modo in cui aveva visto gli alieni camminare lateralmente o capovolti all’interno del loro mondo. Se potevano controllare la gravità a tal punto, era ovvio che potessero fare una cosa del genere.

Chloe gridò: “Mi sta schiacciando giù! Siamo in trappola!”

Sembrava sul punto di finire nel panico, proprio come le era successo prima sulla navicella.

La gravitГ  spinse Kevin in ginocchio e la pressione gli rese difficoltoso il respiro. Cadde in avanti, sentendo il peso del suo corpo che lo bloccava al terreno.

Un grido di frustrazione di Chloe gli fece capire che la stessa cosa stava succedendo a lei. Kevin usГІ tutte le forze che aveva per riuscire solo a rotolare portandosi sdraiato sulla schiena per vedere il punto dove si trovava lei, bloccata a terra allo stesso modo.

“No, lasciatemi andare! Lasciatemi andare!” gridava. Kevin la vedeva piangere mentre tentava di liberarsi dalla forza che la teneva ferma.

I tre alieni arrivarono vicino a loro, e dovevano aver inviato un qualche segnale ad altri, perché due possenti creature con un carapace come armatura apparvero da una torretta dorata, portando con loro quelle che sembravano due grosse cornici di metallo. Le posarono vicino a Kevin e Chloe e le misero in piedi in modo che Kevin poté vedervi all’interno un pannello simile a vetro, che le faceva assomigliare a due grandi finestre autoportanti.

“Tentare di fuggire è stata una sciocchezza,” disse Puro Xan. L’alieno mandò un segnale alle due creature con l’armatura, che si apprestarono a sollevare Chloe da terra. Quando l’ebbero fatta alzare in piedi, lei iniziò a muoversi e dimenarsi, lottando per liberarsi. Loro però la tenevano con facilità, come fosse una leggera piuma.

“Piantatela!” disse Kevin. “Lasciatela stare!”

Non parve fare alcuna differenza per loro. Le creature erano come macchine implacabili e si muovevano con il genere di forza che diceva che avrebbero potuto fare facilmente a pezzi Chloe e Kevin. Presero Chloe e la sollevarono appoggiandola a una delle lastre trasparenti. Poi uno dei Puri premette qualcosa sul proprio braccio. Chloe rimase attaccata al pannello come se l’avessero incollata, sempre lottando e piangendo per la frustrazione, non riuscendo a ottenere alcun risultato.

Poi si avvicinarono per prendere Kevin e le loro grosse mani si strinsero attorno alle sue braccia, sollevandolo e schiacciandolo contro il secondo pannello di vetro, senza concedergli alcuna possibilità di ribellione. Kevin diede loro un calcio, ma il suo piede rimbalzò contro la loro pelle dura come armatura. Poi l’alieno con il dispositivo premette il marchingegno e anche Kevin rimase attaccato al vetro come Chloe.

Però non era come essere incollato a qualcosa. Non c’era nulla di appiccicoso. Era più come stare sdraiati, eccetto per il fatto che non aveva alcuna speranza di potersi alzare in piedi, perché la gravità lo schiacciava giù tenendolo fermo. Era addirittura una posizione comoda se non tentava di lottare, ma Kevin non aveva alcuna speranza di potersene liberare.

“Kevin,” disse Chloe, completamente distrutta mentre stava appesa alla sua cornice.

“Sono qui, Chloe,” le rispose lui. Non cercò di prometterle che sarebbe andato tutto bene. Non gli sembrava una promessa da poter fare in quel momento. “Non vado da nessuna parte.”

Ma pareva che entrambi sarebbero andati da qualche parte, perchГ© gli alieni grossi con le armature sollevarono le cornici e le trasportarono come avrebbero fatto dei muratori con dei pannelli di vetro da andare a montare. Stranamente Kevin non sentiva la sensazione di essere sollevato: il basso sembrava essere sempre la lastra a cui la sua schiena era attaccata.

“Dove ci state portando?” chiese Chloe. “Lasciateci andare!”

“Cerca di stare calma,” disse Kevin, sperando che la paura che lui stesso provava non fosse udibile nella sua voce. Era terrorizzato da ciò che sarebbe potuto succedere a tutti e due, ma aveva paura soprattutto per Chloe. Con tutto il suo odio per le situazioni che la mettevano in trappola, quella era la peggior cosa che potesse capitarle.

Solo che il peggio doveva ancora arrivare, Kevin ne era certo. C’erano ancora un sacco di cose ben peggiori che potevano accadere. Che sarebbero accadute, se non avessero escogitato un modo per venirne fuori.

Li alieni li portarono verso una torretta dorata e passarono attraverso una grande porta che si aprì automaticamente per consentire loro l’accesso. L’interno era tutto ciò che il resto della navicella madre non era: pulito e luminoso, dall’aspetto comodo, come una specie di hotel molto costoso, agli occhi di Kevin, o forse addirittura un palazzo. Non c’era la varietà di diverse angolazioni e direzioni qui: diversamente dal resto della navicella, tutto sembrava avere un’unica direzione in termini di sopra e sotto.

Portarono Kevin e Chloe in una stanza dove si trovavano dei macchinari a forma di cupola, che sembravano per metà costruiti e per metà cresciuti da soli. Una sezione della parete mostrava un’immagine del pianeta Terra, e Kevin non aveva idea se lo avessero fatto solo per dare una certa vivacità ai muri o come ulteriore crudeltà nei loro confronti.

Puro Xan li seguì nella stanza e si portò in mezzo a loro, vicino a uno degli strumenti a forma di cupola. Prese una alla volta delle piccole cose simili a calamari da un’apertura all’interno della cupola: ciascuno non era più grande della punta di un dito dell’alieno. Puro Xan li posò sulla testa di Kevin, dove le piccole cose si attaccarono. Erano calde e viscide allo stesso tempo.

“Cos’è questa roba?” chiese Kevin. “Cosa ci state facendo?”

“Dobbiamo esaminarvi,” rispose Puro Xan. “Vedremo qual è la vostra utilità per l’Alveare. Proverete dolore.”

Lo disse come se non fosse niente, o almeno come se non gli interessasse. Kevin sentì Chloe che si rimetteva a piangere, e avrebbe voluto dire qualcosa, avrebbe voluto confortarla. Poi il dolore lo colpì, e non poté fare altro che urlare.

Era come se delle gelide dita stessero frugando tra i suoi pensieri, raccogliendo delle cose e rimettendole a posto, o forse erano i tentacoli delle cose che gli avevano attaccato alla testa. CercГІ di spingerle via, concentrandosi piГ№ che poteva, ma non fece alcuna differenza: provГІ solo piГ№ dolore.

Kevin poteva percepire altre presenze ora, decine di menti, centinaia, che si collegavano in una specie di tacita comunione di pensieri, la loro presenza collettiva che premeva addosso a lui esplorando ogni meandro del suo essere. Sentì le proprie grida, e anche quelle di Chloe. Capì che stavano facendo la stessa cosa anche a lei.

Kevin vide poi delle immagini che fluttuavano davanti alla sua mente. Immagini di amici, di familiari, di tutto ciò che gli era successo recentemente. Vide le immagini dei Sopravvissuti, e cercò di pensare a qualcos’altro, qualsiasi cosa in modo che gli alieni non venissero a scoprire della loro esistenza. Ma percepì la loro mancanza di interesse: pareva non fare alcuna differenza per loro.

Iniziò a vedere altre cose, visioni che lampeggiavano qua e là, anche se la verità era che non riusciva a capire se fossero vere visioni o qualcosa che scorreva lungo il collegamento che aveva con il gruppo dell’Alveare. Le immagini gli riempivano la mente scatenando il dolore, acuito dalla sensazione di essere bloccato sul posto insieme alla paura di ciò che stava accadendo a Chloe.

Vide un pianeta che fluttuava nello spazio, grande e spento. Delle lune vi ruotavano attorno, ma mentre lo guardava, Kevin si rese conto che non erano lune naturali, ma altre navicelle madri. Ne vide una staccarsi dalla sua orbita, scattando a una velocitГ  che pareva impossibile per una cosa di quelle dimensioni.

Sentì il proprio stato di coscienza che veniva spinto verso la superficie del pianeta, e quando lo raggiunse vide che la superficie era deteriorata e in rovina, inquinata e inospitale. C’erano comunque delle città, piene di figure ingobbite che assomigliavano ai Puri, ma deformi e modificate, le loro membra contorte per essere vissute in un ambiente così devastato. Kevin faceva fatica a credere che qualcuno volesse vivere in un posto come quello, ma tramite la connessione con l’Alveare capì che quelle figure non avevano altra scelta. Erano coloro che non erano stati scelti per la navicella madre.

Vide anche delle altre cose. Vide campi pieni di creature rubate da altri mondi. Vide fabbriche di creature dove queste venivano esaminate e rimodellate, torturate in ogni modo immaginabile, con elettricità e fuoco, e non solo. Vide creature sezionate da vive, o costrette ad accoppiarsi con altre in combinazioni che producevano mostri. Nel mezzo della desolazione del pianeta in rovina, vide delle piccole cupole verdi, come perfette isole nell’orrore di tutto il resto. Kevin non fu sorpreso di vedere delle torri dorate al centro di ciascuna.

Tornò in sé annaspando, sentendosi come se ogni rimasuglio di energia gli fosse stato tirato fuori. Si trovava sdraiato sulla piattaforma e si guardò attorno vedendo che ora nella stanza, oltre a lui c c’era solo Chloe. Era come se le visioni fossero durate solo pochi secondi, ma doveva essere passato più tempo, per concedere ai Puri di lasciare la stanza.

“Chloe?” disse Kevin.

La sentì gemere e la vide aprire gli occhi voltandosi a guardarlo. I contorni degli occhi erano rossi per aver pianto.

“Ho visto… ho visto…”

“Lo so,” disse Kevin. “L’ho visto anch’io.”

“Ci uccideranno,” disse Chloe. “Ci faranno a pezzi per vedere come funzioniamo. Faranno esperimenti su di noi, come fanno i bambini quando strappano le ali alle mosche.”

Kevin avrebbe annuito se avesse potuto staccare la testa dalla cornice. Era quello il problema: potevano parlare di quanto fosse necessario andarsene da lì, potevano vedere tutto ciò che sarebbe successo, ma non potevano comunque muoversi. Tutto ciò che potevano fare era rimanere lì, fissare lo schermo davanti a loro, e la Terra che lentamente seguiva la sua rotazione.

Gli ci vollero uno o due secondi per rendersi conto che si stava rimpicciolendo.

All’inizio fu graduale, il pianeta che si allontanava poco alla volta. Poi iniziò a muoversi più rapidamente, sempre di più, fino a recedere al punto da diventare un puntino. Poi non ci fu più neppure quello e lo spazio attorno alla navicella madre rimase vuoto mentre essa continuava a sfrecciare.

Kevin fissГІ con orrore lo schermo. Non sapeva dove stessero andando, ma qualsiasi cosa potesse convincere gli alieni ad allontanare la loro nave spaziale dalla Terra, di certo non era nulla di buono per lui e Chloe.

NГ© per Luna.




CAPITOLO TRE


Luna lottava. Con ogni briciolo di energia che riuscì a trovare in sé, cercava di combattere contro l’immobilità che le scorreva nel corpo, rendendola lenta, facendola fermare. Si trovava nel mezzo di Sedona, al centro di un gruppo di gente controllata, e la sua mentre gridava nello sforzo di tentare di impedirsi di diventare come loro.

Era come se il suo corpo si stesse trasformando in pietra, oppure… no, era più come se i suoi arti si stessero addormentando mentre lei all’interno era ancora sveglia. Non sentiva le punte delle dita, ma continuò a lottare. Si sentiva scivolare nello stato controllato, però, diventando sempre più prigioniera del proprio corpo a ogni secondo che passava. Era come se fosse in trappola dietro a un vetro, la sua personalità e la sua capacità di controllarsi trasformati in qualcosa da mettere in mostra in un museo costituito dalla sua carne e dalle sue ossa.

Il mondo stesso le appariva come se stesse guardando attraverso un vetro stranamente filtrato, con i colori che mutavano in modo tale che tutto ciГІ che Luna osservava aveva una strana opacitГ  lattiginosa, e nuove tinte apparivano al limitare del suo campo visivo. Luna non aveva bisogno di uno specchio per sapere che le sue pupille doveva essere di un bianco vivo ormai, e odiava quella condizione.

ContinuerГІ a lottare, disse a se stessa. Non mi arrenderГІ. Kevin ha bisogno di me.

Nonostante la sua determinazione, era difficile ignorare il fatto che le sue braccia e le sue gambe non ne volessero sapere di fare ciò che lei ordinava loro. Luna se ne stava semplicemente ferma lì, proprio come tutti gli altri che le stavano attorno a Sedona, immobile come una marionetta inutilizzata, incapace di fare nulla di più che sbattere le palpebre e respirare.

Si sforzò di fare di più. Si concentrò sul dito mignolo della mano destra, imponendogli di raddrizzarsi. Parve muoversi dolorosamente piano, ma si mosse. Si mosse! Cercò di muovere l’anulare, concentrandosi su ogni giuntura, su ogni muscolo…

GridГІ interiormente quando vide che non succedeva nulla.

Almeno Kevin era scappato. Luna lo aveva visto sgattaiolare in mezzo ai ranghi dei controllati e salire su una delle navi. Aveva visto lui e Chloe risucchiati all’interno, e questo l’aveva fatta preoccupare ancor più rispetto a quanto stava succedendo a lei.

Devi lottare, ripetГ© a se stessa. Kevin ГЁ incastrato su una nave spaziale aliena senza di te. Sai che si metterГ  nei guai da solo, e non di certo in guai divertenti.

Ovviamente Kevin non era da solo, ma quel pensiero non migliorava le cose. Non era che Luna odiasse Chloe o niente del genere, ma era piuttosto evidente che Kevin le piaceva e… beh… piaceva anche a lei. Era strano come questa cosa fosse più facile da ammettere ora che la sua mente era occupata ad essere controllata dagli alieni, ma era così. Forse perché sapeva che nessuno lo avrebbe scoperto.

Aveva cercato di farglielo capire un sacco di volte in passato, anche se non era mai sembrato arrivarci. Forse era una cosa dei maschi, o forse era solo una cosa da Kevin: abile nel capire i messaggi che venivano da un’altra galassia, ma privo delle stesse qualità davanti a lei. E ora si trovava dentro a una navicella aliena insieme a Chloe, e anche se non erano esattamente soli, Luna era decisamente convinta che gli alieni non si potessero contare. Anche se non fosse successo niente, Luna non era comunque sicura che Chloe fosse la persona giusta per portare Kevin indietro sano e salvo. Certo, aveva dato una mano ad aiutare anche lei sulla barca, ed era capace di accendere una macchina con i cavi, ma non era proprio la stessa cosa che dirottare una navicella spaziale. E Luna non era sicura che non sarebbe andata nel panico quando le cose fossero girate per il verso sbagliato.

Poi le cose girarono per il verso sbagliato, e Luna potГ© vederlo chiaramente.

Un momento la nave madre aliena si trovava sospesa come una luna in cielo, l’attimo dopo il cielo attorno ad essa si increspò e lampeggiò, come se lo spazio fosse uno stagno dove qualcuno aveva gettato un sasso. La nave madre iniziò ad allontanarsi, la sua ombra che attraversava lentamente il cielo. Ci fu un momento in cui lo spazio in cui si trovava parve avvolgersi attorno ad essa, e poi era sparita, spostandosi tanto velocemente che per Luna fu impossibile seguirla.

Per un breve momento la speranza si accese in lei. Era finita? Kevin era salito sulla piccola navicella al di sopra di Sedona, e quella era salita fino alla navicella madre, ed entrambe erano sparite. Kevin aveva trovato un modo di mettere fine a tutto questo? Lui e Chloe li avevano salvati tutti?

Luna tentГІ di muovere un braccio, sperando piГ№ di ogni cosa di poterlo fare, ma non accadde nulla. Non era cambiato niente.

Il guaito di un cane accanto a lei colse la sua attenzione. Lì c’era Bobby, il cane da pastore, che ora le stava spingendo il naso contro la gamba in un modo che avrebbe anche potuto farla cadere in condizioni normali, prima che i controllati le soffiassero in faccia il vapore. Ma in quel momento, Luna rimase invece solida come la pietra, immobile e incapace di spostarsi, non potendo neanche reagire quando lui le annusò la mano leccandola con la grossa lingua bagnata.

Bravo, pensГІ Luna, e cercГІ di dirlo, senza perГІ riuscire a tirare fuori il suono dalla gola. Non poteva neanche accarezzarlo, e questo le fece capire quanto controllo gli alieni avessero ormai su di lei. Bobby la spinse ancora con il naso, poi si allontanГІ di corsa come ad aspettarsi che lei lo seguisse. Quando vide che non aveva ottenuto alcuna reazione, si distese piagnucolando e guardandola con occhi tristi.

Mi spiace, Bobby, pensГІ Luna, ma non poteva comunque dirglielo.

Non era l’unica cosa per cui si sentiva dispiaciuta. Attorno a lei poté vedere i motociclisti di Capopolvere fermi come tutti gli altri. Vedeva Orso che spiccava con la sua imponenza sul resto del gruppo, tutto il senso di forza e comando eliminato dalla sua trasformazione. Vide poco più in là Lupetto che la fissava con sguardo vuoto, mentre prima si era dimostrato così sicuro di sé e addirittura interessato a lei.

Siete ancora là dentro? si chiese dalla prigione della propria mente. Tutti coloro che erano stati trasformati si trovavano in trappola in quel modo? Erano lì seduti dietro al bianco candido delle loro pupille, inorriditi mentre gli alieni controllavano ogni movimento che facevano? Luna non sapeva se sperare che Lupetto non dovesse soffrire tutto questo, o invece sì, perché almeno avrebbe voluto dire che era ancora presente, e che almeno c’era una minima possibilità di riportarlo indietro.

Quale possibilità? pensò tra sé e sé. Che speranza c’era per tutti loro? Nessuno era tornato indietro da quella condizione fino ad ora. Gli alieni avevano trasformato la maggior parte del mondo, e la gente che veniva trasformata restava trasformata. Non era come amare la band sbagliata, non era una cosa che si poteva esaurire se la si trascinava troppo a lungo.

Ora Luna poteva sentire dei rumori provenire dal fondo della propria mente. Riconobbe le interferenze e gli scatti, i suoni statici e i ronzii, perchГ© li aveva sentiti ormai tantissime volte, quando Kevin traduceva i segnali alieni. Luna potГ© sentirli come se fosse la loro lingua, anche se non aveva idea di cosa significasse.

Poteva non saperlo, ma il suo corpo parve comprendere. Luna sentì che iniziava a muoversi, mettendosi in formazione con le altre persone, come una sorta di unità militare. Non sapeva chi stesse dando loro gli ordini, dato che la nave aliena principale se n’era andata. Forse qualcuno degli alieni era rimasto a terra.

Non aveva importanza: chiunque le stesse dando degli ordini, Luna si trovГІ ad obbedire. IniziГІ a marciare insieme agli altri, sparpagliandosi in mezzo alle macerie di Sedona, iniziando a sollevare detriti e a entrare nelle case.

A Luna pareva di osservare la scena da lontano, guardandosi mentre sollevava rocce e tirava via pezzi di legno a mani nude. Si vedeva al lavoro insieme a Lupetto e agli altri, tutti impegnati a ripulire la cittГ  con la meticolositГ  di formiche che tagliano delle foglie o di avvoltoi che dilaniano la carcasse di un animale.

Sentì Bobby che abbaiava ancora e se lo ritrovò di nuovo al fianco. Il cane guaiva e le correva attorno come a poterla distrarre da ciò che stava facendo. Le leccò ancora la mano, poi strinse i denti dolcemente attorno al suo braccio. Non lo fece con forza, ma più come avrebbe fatto con un cucciolo ribelle per rimetterlo in riga.

Bobby era forte e probabilmente pesava quasi quanto lei, ma Luna andò dritta avanti come se non fosse neanche lì. Continuò a lavorare, raccogliendo materiali e impilandoli in mucchi, dividendoli con l’efficienza di una macchina.

Luna vide tagli e graffi che iniziavano ad apparire sulle sue braccia per lo sforzo di spostare i materiali, ma non sentì alcun dolore. I suoi arti erano insensibili come se li avesse lasciati per un’ora immersi nel ghiaccio, il dolore isolato da strati di controllo alieno.

Luna ora poteva sentire quel controllo mentre Bobby continuava ad abbaiare e correrle attorno. Poteva percepire ciò che volevano che lei facesse, e lottò per ribellarsi, la piccola parte di lei che ancora era cosciente, inorridita dalla situazione, anche se il resto di lei continuava a raccogliere un’altra roccia.

No! ordinГІ a se stessa. Non lo faccio! Non lo faccio!

Lottò contro gli impulsi con ogni fibra del suo essere, tirando contro le proprie braccia con tutta la forza di volontà che prima aveva avuto tanto successo contro ogni cosa, dalle istruzioni dei suoi genitori al tumulto dell’oceano. Ma era troppo, come tentare di tenere indietro a mani nude il peso di una valanga. Con un grido interiore di disperazione, Luna sentì che la valanga le si riversava addosso.

Si girГІ e lanciГІ la pietra contro Bobby, piangendo mentre lo faceva.

Il cane guaì, poi si allontanò piagnucolando e zoppicando leggermente da una zampa. Luna lo vide ritirarsi al limitare degli edifici ai quali stavano lavorando, sdraiarsi e guardarla con occhi disperati che corrispondevano a ciò che lei stessa provava in quel momento.

Ma quello che Luna provava non aveva importanza, non di fronte alle istruzioni degli alieni. Non importava quanto la sua mente fosse schiacciata oltre i confini della gabbia che la costringeva: la prigione del suo corpo continuava a lavorare, sollevando e strappando, separando materiali e impilandoli pronti per la raccolta, anche se la navicella sopra a Sedona ora era andata via.

CercГІ di contare i minuti che passavano, cercГІ di tenere traccia del tempo che stava scorrendo, ma non era semplice farlo. Il suo corpo manteneva i suoi occhi fissi sul lavoro che stava facendo, non sulla posizione del sole, e se era stanca o aveva fame, non lo sentiva. Nei piГ№ profondi recessi della sua mente, Luna ora capiva come facessero i controllati a essere tanto veloci e forti: non si curavano del dolore o della stanchezza che avrebbe fermato la maggior parte della gente comune. Laddove la maggior parte delle persone si fermavano per aver raggiunto i propri limiti, i controllati erano spinti per tutto il tempo oltre quegli stessi limiti dagli alieni che li comandavano.

Che ci comandano, si corresse Luna.

Non voleva pensare a se stessa come a una di loro, ma non era sicura di come distrarsi da tutto ciò. Non poteva chiudere gli occhi per isolare tutto fuori. Il più che poteva fare era tentare di restare aggrappata ai ricordi della sua vita prima di questo: stare seduta sulla riva del lago con Kevin quando le aveva detto della sua malattia, andare a scuola e… e…

Si aggrappò a un ricordo, pensando a un giorno in cui avrebbe dovuto incontrare Kevin dopo scuola. Avevano programmato di andare in una pizzeria all’angolo, poco distante da casa loro. Poteva ricordare la sensazione, come era stato camminare per la loro città, passando per un posto che era loro e basta, un luogo di cui nessuno sapeva, dietro a una delle recinzioni di legno che circondavano una vecchia casa dove nessuno viveva da anni.

Andare lì significava arrampicarsi su un vecchio albero che teneva libero un passaggio in mezzo a una catasta di vecchie cianfrusaglie, poi correre sulle tavole di un basso tetto, mettendo i piedi nei punti giusti per evitare di caderci attraverso, e nel frattempo controllando per tutto il tempo di non farsi vedere da nessuno che potesse gridare loro dietro per essere in un posto dove non avrebbero dovuto stare.

In altre parole, era esattamente il genere di cose che Luna adorava fare. Aveva percorso le tavole con il genere di velocità e determinazione che probabilmente avrebbero fatto sospirare i suoi genitori se l’avessero vista. Mentre correva si era trovata a pensare a Kevin, chiedendosi se oggi sarebbe stato il giorno in cui si sarebbe presentato chiedendole se poteva baciarla.

Forse no: era capace di dimostrarsi piuttosto ignaro delle cose a volte.

Aveva attraversato i giardini, arrivando al punto in cui lei e Kevin dovevano incontrarsi. Aveva sentito un rumore venire da dietro la recinzione, e aveva visto Kevin con un paio di altri ragazzi mai visti prima.

“Cosa ci fai qua dietro?” chiese uno dei due. “Nascosto in modo che nessuno possa trovarti?”

“Non mi sto nascondendo,” insistette Kevin, e Luna immaginò che fosse la cosa peggiore che avesse potuto fare.

“Stai dicendo che sono un bugiardo?” gli chiese il ragazzo. Diede una spinta a Kevin, mandandolo addosso a un muro. “Mi stai dando del bugiardo?”

Luna era scivolata nel passaggio in mezzo alla recinzione. “Sì,” aveva risposto. “Sto dicendo che sei un bugiardo, e un bullo, e se mi dai un paio di secondi, probabilmente mi verranno in mente un sacco di altre cose antipatiche con cui chiamarti.”

Il ragazzo si era girato verso di lei. “Farai meglio ad andartene di corsa. Questa è una faccenda tra me e lui.”

“E il tuo amichetto, non dimenticartelo,” aveva risposto Luna.

“Fai la furba solo perché pensi che non le darei a una ragazza! Beh…”

Luna gli aveva dato un pugno sul naso, soprattutto perchГ© si stava stancando ad aspettare che quello sbruffone facesse qualcosa. Il ragazzo aveva ringhiato e si era messo a rincorrerla. Ma lei era scattata via velocissima.

Non lo aveva ricondotto verso dove era venuta, perché quella era una sua strada, ma conosceva tanti altri posti. Per puro divertimento era passata in mezzo a un giardino dove c’era sempre la piscina piena, e aveva sentito uno splash alle proprie spalle quando uno dei ragazzi non era riuscito a fermarsi in tempo. Da lì Luna si era arrampicata su uno dei tetti vicini, poi aveva proseguito verso il parco, entrando in un giardino dove viveva un grosso cane rabbioso, attenta a camminare solo negli spazi che erano fuori dal raggio della sua catena. Un ringhio e un grido di paura dietro di lei le avevano fatto capire che anche il secondo ragazzo era finito in trappola.

“Ti prenderò!” le aveva gridato.

Luna si era messa a ridere. “Però dovrai spiegare alla gente come sono riuscita a darti un pugno sul naso e a passarla liscia!”

Era tornata di corsa verso Kevin, che la stava aspettando con la sicurezza di qualcuno che aveva giГ  visto quel giochetto.

“Sai, avresti potuto prenderlo,” gli disse, cercando di apparire duro.

Luna riuscì a non ridere. “Ma è più divertente così. Andiamo, puoi pagarmi la pizza per averti salvato.”

“Ma non mi hai salvato. Avrei potuto prenderlo…”



***



Luna sorrise al ricordo, o lo avrebbe fatto se fosse stata capace di muovere la faccia. Cercò di pensare al nome del bullo, perché era certa di conoscerlo. Ma quale bullo? A cosa stava pensando un secondo fa? Il fatto di non poterlo ricordare la fece fermare inorridita. Ci stava pensando solo un momento fa, e ora era sparito, come… come…

Luna cercò di afferrare i ricordi, ci provò davvero. Sapeva di avere dei ricordi, un’intera vita di memorie. Aveva amici, e una vita, e dei genitori… ovviamente aveva dei genitori, quindi perché non riusciva a ricordare i loro volti? Forse non aveva dei genitori. Forse tutto questo era solo un gioco malato. Forse lei era sempre stata così, ed era solo in qualche modo difettosa, convinta di essere stata diversa come distrazione dal lavoro che gli alieni volevano farle…

No, pensò Luna con forza. Io sono io. Sono Luna. Mi hanno trasformata loro, e ho dei veri ricordi… da qualche parte.

Però non era sicura di dove fossero. Ogni volta che tentava di afferrare quello che sembrava essere l’inizio di un ricordo, quello le scivolava via in una grande nebbia di pensieri che parevano consumare ogni parte di lei. Luna cercò di trascinarsi fuori da quella nebbia, ma quella avanzava sempre più attorno alla propria coscienza, riempiendo ogni cosa, portando via piccoli pezzi di ricordi, di parole, di personalità.

All’improvviso vide qualcosa. Era semplicemente tanto diverso dal resto da risvegliarla, anche se solo per un secondo.

C’era un uomo che si stava avvicinando. Avanzava senza paura. Un uomo vero. Non controllato.

Come poteva essere?

Laddove Luna e gli altri si muovevano con sincronia quasi meccanica, lui avanzava a piccoli scatti furtivi, tenendo in mano quella che sembrava una pistola.

Non sembrava un soldato perГІ. Assomigliava piГ№ a un pirata incrociato con un professore. Aveva i capelli spettinati e arruffati, una mezza dozzina di orecchini su un orecchio e gli inizi di una barba. Indossava una giacca in tweed e una camicia con dei jeans e scarponcini da montagna. Non indossava una maschera, e la cosa non aveva per niente senso.

Luna si spostò andandogli incontro, le mani che si allungavano per afferrarlo, tanto veloce che lui non poté neanche saltare indietro. O forse era semplicemente che non voleva neppure provarci. Anche se lui era un adulto e lei solo una ragazzina, Luna aveva sufficiente forza da tenerlo fermo mentre la sua bocca si apriva sempre più e una grande nuvola di vapore le usciva dalla gola. Sentendosi quasi in colpa, Luna soffiò il vapore verso l’uomo, avvolgendolo in una nube tanto densa da farlo tossire.

Luna fece un passo indietro. Era evidente che gli alieni che la controllavano stavano aspettando la trasformazione. L’uomo rimase fermo, sollevando la pistola che teneva in mano, e Luna provò un’ondata di paura. Magari non avrebbe provato dolore, ma era piuttosto sicura che se qualcuno le avesse causato sufficienti danni, sarebbe potuta comunque morire. Per un momento si trovò a pensare che il vapore che aveva esalato si impossessasse di lui prima che potesse sparare. Non voleva morire. Poi si sentì in colpa per averlo anche solo pensato. Non avrebbe dovuto augurare a nessuno una cosa del genere.

Ma la pistola non sparГІ.

Ne uscì invece una nuvola di vapore verde-blu che si riversò nei suoi polmoni a ciascuno respiro. Lei fece per allungare le mani e deviare il getto della pistola, e probabilmente per fare a lui lo stesso, ma accadde una stranezza quando le sue braccia si erano sollevate solo di metà.

Luna si fermГІ.

Con un movimento unico rimase immobile sul posto, il battito cardiaco che si faceva sempre più forte. Sentì il mondo che le ruotava attorno.

Cadde involontariamente in ginocchio. Sentì la pelle che si sbucciava contro il terreno duro, lo sentì sul serio, e la sensazione si presentò simile a quando il sangue riprende a scorrere in una gamba o in un braccio dopo che sono stati intorpiditi. Faceva male, e Luna gridò.

Non ci poteva credere.

Era tornata.

Era di nuovo se stessa. Non era piГ№ controllata.

Scavò nei propri ricordi per accertarsi che fossero lì, che non fossero andati perduti per sempre. Immaginò il volto di Kevin, e i suoi genitori come erano stati nel primo compleanno che poteva ricordare. Fece un sospiro di sollievo, e non solo per se stessa. Significava che la gente che era stata trasformata non era perduta.

Avrebbe voluto gridare di gioia. Abbracciare quell’uomo e non lasciarlo andare più.

Lo fissГІ meravigliata.

Lui le sorrise curioso, in modo quasi accademico.

“Cavolo,” disse, “sembri rispondere molto più velocemente degli altri soggetti con cui ho provato. Oh, perdonami, che maniere. Mi chiamo Ignazio Gable. Il vapore che hai appena respirato è un vaccino che ho creato per controbattere agli effetti del controllo alieno. Dovresti avere a breve il pieno controllo di te. Ora immagino che avrai un sacco di domande su cosa stia succedendo, ma non siamo esattamente nel posto giusto per chiacchierare, qui. Quindi, a meno che non vogliamo farci ammazzare tutti e due, ti suggerisco di venire con me.”

Luna sbatté le palpebre, stupefatta, e seguì il suo sguardo, vedendo un sacco di gente controllata che si avvicinava a loro.

“ORA!” gridò l’uomo.

I controllati iniziarono a calare su di loro in gruppo. Luna li guardò avvicinarsi nel tentativo di afferrarli. L’uomo li spruzzò con la pistola, ma per gli altri non parve funzionare.

Luna corse in avanti, lanciandosi nella folla e scivolando negli spazi liberi, approfittando della sua piccola statura, passando sotto le braccia e tra le gambe, afferrando il braccio di Ignazio senza lasciarlo piГ№ andare.

Luna scorse Lupetto e Orso, e il resto dei motociclisti. Quindi afferrГІ la pistola e ruotГІ su se stessa.

“Cosa stai facendo?” gridò Ignazio allarmato.

Lei spruzzГІ una nuvola di vapore che iniziГІ a rallentare i controllati che la circondavano, arrivando a Lupetto e a Orso e a tutti gli altri.

“Andiamo,” disse tenendo il dito sul grilletto. “Cambiate!”

Luna vide Lupetto sbattere le palpebre alla luce del sole, allungando le mani e fissandole.

Poi si guardò attorno fino a che vide Bobby nascosto all’ombra di un edificio e tese una mano verso di lui.

E poi si girГІ insieme agli altri e si mise a correre.

E non si fermГІ.




CAPITOLO QUATTRO


Kevin rabbrividì quando Puro Xan entrò nella stanza in cui si trovavano lui e Chloe. Stare lì appeso, solo e senza sorveglianza era già di per sé orribile, ma in qualche modo sapeva che non poteva essere peggio di quello che gli alieni avrebbero deciso di fare loro adesso.

“La paura è una debolezza,” disse Puro Xan, le parole che arrivavano con leggero ritardo per mezzo del suo traduttore. “Semplicemente una delle tante che noi abbiamo sconfitto.”

“Cosa intendi dire?” chiese Kevin. Cercò di tenere a bada la paura che provava, perché non voleva che l’alieno la notasse.

Chloe sembrava sufficientemente spaventata per entrambi, ma pareva anche arrabbiata. Se non ci fosse stata la gravità distorta che li teneva attaccati alle cornici, Kevin immaginava che avrebbe tentato di attaccare l’alieno.

“Un tempo eravamo essere più deboli,” disse Puro Xan, facendo un gesto così che un sezione della parete divenne uno schermo che mostrava cose simili ai Puri, ma allo stesso tempo diverse. Non avevano la pelle così liscia, l’aspetto così aggraziato e perfetto, e di certo non possedevano quel senso di fredda implacabilità che era loro tipico. Erano proprio il genere di cose che i Puri dovevano essere stati molto tempo prima.

“Abbiamo lottato e fatto la guerra tra noi. Abbiamo trasformato il nostro mondo in un posto quasi invivibile con le armi che abbiamo usato.”

L’immagine sullo schermo mutò, mostrando un mondo che si presentava inizialmente verde e lussureggiante, ma dove poi le piante appassivano e morivano e le esplosioni devastavano la superficie, con fuoco e venti sferzanti che si dispiegavano dal centro delle città.

“Abbiamo dovuto trovare dei modi per adattarci.”

“Attaccando la gente di altri mondi,” disse Kevin. “Ingannandoci per indurci a farvi entrare e poter poi controllare le menti della gente.”

“Siete malvagi,” aggiunse Chloe. “Non siete nient’altro che dei mostri.”

Puro Xan li guardГІ con un abbozzo di emozione. Kevin dubitava che la creatura fosse capace di provarne, e questo in qualche modo faceva ancora piГ№ paura di quanto Chloe aveva affermato. Quelle creature erano perfide, o piene di odio, o determinate a spazzare via tutto ciГІ che temevano. Agivano con la calma e freddezza di un ghiacciaio che rotola schiacciando una cittГ , senza curarsi delle vite presenti.

“I vostri mondi non hanno importanza,” disse Puro Xan. “Voi non appartenete all’Alveare. Non fate parte dei Puri.”

“Pensate veramente di essere le uniche cose importanti dell’universo?” chiese Chloe.

“Siamo i Puri,” rispose Xan, come se ciò desse risposta a tutto. “Abbiamo creato l’Alveare per risolvere le guerre del nostro mondo. Nel metterci insieme, abbiamo imparato ad andare oltre le debolezze delle emozioni. Abbiamo imparato dai mondi più vicini come trasformare gli inferiori in ciò che vogliamo. Abbiamo costruito le navi Alveare per portarci a raccogliere materiali con cui rigenerare il nostro mondo per i Puri.”

“Quindi non fate altro che prendere e prendere, e non date niente in cambio,” disse Kevin.

“Tutto il resto è inferiore,” disse Puro Xan. “È tutto nostro.”

“Fino a che non vi fermeremo,” disse Chloe, lottando contro la gravità che la teneva ferma. Se era come quella che bloccava Kevin tenendolo attaccato al pannello di vetro, sapeva benissimo che non aveva alcuna possibilità di liberarsi, ma immaginò che dirglielo non l’avrebbe persuasa a fermarsi. Se non altro avrebbe probabilmente solo peggiorato le cose.

“Voi siete deboli. Non potete fermare l’Alveare,” disse Puro Xan.

“E allora perché siamo ancora qui?” chiese Kevin. “Se pensi che siamo così deboli e inutili, perché non ci avete uccisi nel momento in cui siamo arrivati sulla vostra… nave?”

“Non distruggiamo ciò che è utile,” disse Pur Xan. “Lo raccogliamo. È il nostro scopo.”

Utile. Kevin non era sicuro che l’idea di essere utile a una cosa come quella gli piacesse. Da quello che aveva visto accadere alle altre creature che gli alieni avevano trovato utili, essi non facevano che rimodellare le loro carni, trasformandoli. Aveva già provato il dolore dovuto al processo con cui gli alieni gli avevano rovistato tra i pensieri. Le visioni che aveva avuto del mondo alieno erano state ancora peggio.

“Io non voglio esservi utile,” disse Kevin.

“Non hai altra scelta,” disse Puro Xan. “Dovresti esserci riconoscente. I prescelti di un mondo vengono generalmente distrutti, per evitare che diventino… un pericolo per noi. Voi siete sopravvissuti perché vi abbiamo permesso di farlo.”

“Perché?” insistette Kevin.

Puro Xan non rispose per un momento o due. Si mosse invece nella stanza, sistemando alcune cose attorno a un macchinario.

“Intendono guardare ancora nelle nostre teste, Kevin,” disse Chloe, terrorizzata all’idea. “Useranno ancora quelle cose con i tentacoli.”

“Non su di te,” disse Puro Xan con voce quasi sprezzante. “Ti sarai abbastanza intrigante da dissezionare e rimettere insieme. La tua mente è piuttosto interessante, ma non tanto da continuare a lavorarci.”

“Non potete vivisezionare Chloe!” gridò Kevin, lottando contro la gravità che lo imprigionava. Per quanto si dimenasse per liberarsi, la forza lo teneva attaccato alla cornice. La pressione lo teneva sdraiato, come se avesse avuto un peso di piombo schiacciato contro il petto.

“Noi facciamo quello che ci pare e piace,” disse Puro Xan. “Se questo è l’uso migliore che possiamo fare della donna per il bene dell’Alveare, allora è ciò che accadrà. Saremo generosi però. Potrai decidere ciò che le succederà.”

“Allora scelgo che non venga vivisezionata!” disse Kevin.

“Dopo che avremo finito,” disse Puro Xan. “Dopo che ti sarai unito al nostro Alveare.”

“Cosa?” disse Kevin scuotendo la testa. “Non se ne parla.”

L’alieno gli si avvicinò, i dispositivi con i tentacoli pronti alla mano.

“Il tuo cervello ha delle capacità che l’Alveare richiede,” disse Puro Xan. “Quindi verrai con noi.”

L’alieno lo fece suonare come un fatto innegabile, come se fosse semplicemente il modo in cui andava il mondo. Fece suonare l’idea ovvia e naturale, come dire che l’acqua è bagnata, o che il sole è caldo. Ma non c’era niente di naturale nelle cose con i tentacoli che Puro Xan teneva in mano.

“E allora?” chiese Kevin, più che altro perché ogni occasione per ritardare la situazione gli appariva come una buona idea. “Intendete trasformarmi in un Puro come voi? Perderò tutti i capelli e mi verranno quegli occhi assurdi?”

Magari, se Kevin fosse riuscito a infastidire abbastanza l’alieno, lo avrebbe potuto distrarre da ciò che intendeva fare. Ovviamente poi quello avrebbe potuto decidere di fargli cose totalmente peggiori, ma in quel momento a Kevin non veniva in mente niente di peggio che essere trasformato in uno di loro.

“Non appartieni ai Puri,” disse Puro Xan. “Ma puoi essere trasformato in uno dell’Alveare. Diventerai un nostro emissario, uno dei nostri prescelti. Dovresti essere felice dell’onore che ti riserviamo.”

“Pensate che per Kevin sia un onore avere il cervello invaso?” chiese Chloe.

“Non sarà un’invasione,” disse Puro Xan. “Kevin ci accoglierà. Accetterà di diventare uno di noi.”

“Perché dovrei accettare?” chiese Kevin. “Perché non lo fai e basta, visto che intendi comunque farlo, invece di continuare con i tuoi giochetti?”

L’alieno parve quasi offeso, anche se Kevin dubitava che potesse provare anche quella emozione. Dubitava che potesse provare qualsiasi cosa.

“Noi non facciamo nessun giochetto,” disse. “I cervelli della nostra specie sono delicati però, e ci serve che il tuo sia intatto per i compiti che l’Alveare ha in serbo per te. Se ti ribelli troppo durante il processo, c’è la possibilità che il tutto resti… danneggiato.”

“Mi ribellerò di certo,” promise Kevin. “Morirei piuttosto che fare qualsiasi cosa per aiutarvi.”

L’alieno rimasse fermo a fissarlo, apparentemente non comprendendo ciò che aveva appena detto. Guardò Kevin con un leggero cipiglio, piegando la testa di lato come se stesse ascoltando qualcosa che solo lui riusciva a sentire. Kevin aveva la sensazione che stesse cercando di capirlo, per decidere nel frattempo il da farsi.

“La tua affermazione è da sciocchi,” disse Puro Xan. “Cedere è a tuo totale vantaggio. Così potrai continuare ad esistere.”

“Tanto morirò comunque,” disse Kevin, pensando per un momento a quando il dottore gli aveva diagnosticato la sua malattia, dicendogli quanto poco tempo gli restasse da vivere. “Pensi che le tue minacce mi importino?”

L’alieno lo fissò per un altro momento o due, e di nuovo Kevin ebbe la sensazione che stesse ricevendo consigli dagli altri della sua specie.

“Possiamo salvarti,” disse, lasciando cadere lì le parole come pesi di piombo.

Lo shock di quell’affermazione assalì Kevin come una secchiata di acqua fredda. I migliori scienziati che la Terra avesse da offrire avevano tentato di aiutarlo, fallendo. Ora questi alieni gli stavano offrendo di farlo stare bene come se non fosse niente.

“Stai mentendo,” rispose. Doveva credere che stessero mentendo. “Hai già mentito su tante cose. Pensi che ti crederò?”

Pensò a tutti i modi in cui avevano mentito per indurlo ad aiutarli con la loro invasione della Terra. Gli avevano detto di essere dei rifugiati provenienti da un altro pianeta e in cerca di salvezza. Gli avevano raccontato che erano loro quelli che stavano sfuggendo alla distruzione, non coloro che l’avevano causata.

“Hai visto quello che possiamo fare,” disse Puro Xan. “Possiamo manipolare la carne in modi che la tua mente umana non può neanche immaginare. I Puri dell’Alveare sono preservati in maniera quasi indefinita. Abbiamo ogni motivo per volerti in vita. Potremmo guarirti, se appartenessi all’Alveare.”

Cosa poteva dire Kevin di fronte a quel genere di tentazione? Era tutto ciò che aveva desiderato dal momento in cui il dottore gli aveva detto quello che gli stava succedendo. Quando era stato all’istituto della NASA, aveva segretamente sperato che uno degli scienziati lì potesse trovare un qualche modo per aiutarlo, per far fermare tutti i tremori e il dolore. Aveva pensato di poter dare praticamente ogni cosa pur di stare di nuovo bene. Fu uno sforzo enorme per lui ora scuotere la testa.

“Se devo morire impedendo quello che volete, allora è quello che farò,” disse. Lo intendeva sul serio. Voleva vivere, aveva sperato in una cura, ma ormai aveva avuto un sacco di tempo per accettare quello che gli stava succedendo. Se morire poteva aiutare a fermare gli alieni… beh, non voleva, ma l’avrebbe fatto.

“E cosa mi dici delle altre cose che l’Alveare ha da offrirti?” gli chiese Puro Xan. “Ci dicono che la vostra specie dà importanza a genitori e amici. In quanto appartenente a noi, potresti decidere cosa fare di coloro che controlliamo.”

Kevin deglutì, pensando a sua madre, pensando a Luna. C’erano così tante persone che conosceva sulla Terra, ora così lontana da non essere più visibile sullo schermo. Se avesse potuto aiutarli… no, se gli alieni volevano qualcosa da lui, questo non li avrebbe aiutati per niente.

“E poi c’è la questione della tua amica qui,” disse Puro Xan. “Come ho detto, in quanto appartenente all’Alveare, potresti determinare il suo destino. Se non lo fai, la donna subirà degli esperimenti, proprio davanti ai tuoi occhi.”

Kevin rimase impietrito, spostando lo sguardo da Chloe all’alieno più volte.

“No, Kevin. Non farlo,” disse Chloe. Kevin poteva sentire la sua disperazione. “Lascia che mi uccidano. Che facciano quello che serve!”

Kevin poteva percepire la sincerità nella sua voce, ma… non poteva farlo. Non poteva starsene lì a guardare mentre Chloe moriva. Sapeva che l’avrebbero fatto. C’era qualcosa nel modo freddo e privo di emozione in cui Xan aveva posto la sua minaccia che la rendeva qualcosa di diverso: non esattamente una minaccia, ma più una semplice dichiarazione di ciò che sarebbe successo.

“Ti modificheremo comunque,” disse Puro Xan. “È semplicemente questione di quanto ti ribelli, e di quanto faccia male. Prendi la tua decisione, Kevin McKenzie.”

“Ribellati a loro, Kevin,” disse Chloe. “Non cedere!”

Kevin la guardГІ, cercando di non pensare a tutte le cose che gli alieni avrebbero potuto farle. Era impossibile perГІ fare qualsiasi cosa che non fosse immaginarsi quello che le sarebbe successo quando avessero iniziato ad eseguire esperimenti su di lei. Poteva davvero starsene a guardare mentre iniziavano a farla a pezzi per vedere come funzionava, o si mettevano a trasformarla in qualcosa che non era umano? Poteva farlo, quando questo li avrebbe solo portati a trasformarlo con la forza?

Non poteva, e lo sapeva bene.

“Va bene,” disse, odiando ogni singola parola. “Fatelo.”

“Lo avremmo fatto comunque,” gli assicurò Puro Xan. “Farà più male, tanto più ti ribellerai.”

“Kevin,” disse Chloe. “Ti prego, ribellati. Devi restare te stesso. Devi restare forte.”

Quella era sicuramente la loro unica speranza. Non potevano liberarsi. Non potevano lottare fisicamente. L’unica possibilità era diventare uno dell’Alveare e in qualche modo sperare di conservare qualcosa di sé…

Non portò neppure a termine quel pensiero che Puro Xan gli applicò i tentacoli sulla testa, e l’Alveare entrò invisibile nel suo cervello.

Kevin gridГІ di dolore, un dolore netto e improvviso, come se una stalattite gli fosse stata piantata in mezzo alla mente. Pensava di essersi abituato al dolore con la sua malattia; aveva pensato di aver imparato cosa fosse, ma ora si rendeva conto che non era proprio niente confronto a ciГІ che gli stava succedendo adesso. Poteva sentire i tentacoli che frugavano tra i suoi pensieri e i suoi ricordi, la spiacevole sensazione, fin troppo familiare ormai, di quando gli alieni gli avevano testato la mente la prima volta.

Ma questo pareva in qualche modo diverso, perchГ© questa volta gli alieni non stavano solo guardando.

Kevin poteva sentire l’Alveare dentro ai suoi pensieri, mente sopra a mente, tutte unite e potenti. Era caldo e freddo e doloroso, tutto allo stesso tempo. Era come vetro smerigliato lavorato in mezzo ai suoi pensieri. Poteva sentire il lavaggio dei controllati ai confini, non proprio parte reale del tutto. Poteva sentire le menti affilate di cose avvezze alla guerra, e i pensieri più morbidi e lenti di bestie da soma. Poi c’erano i Puri e i loro schiavi, scie luccicanti che spiccavano in mezzo a tutta quella rete.

Vieni a noi, lo incalzavano, le voci profonde e seducenti. Diventa uno di noi.

Kevin cercò di divincolarsi, e lo sforzo gli fece più male di quanto avesse potuto immaginare. Si sentì gridare, ma il suono parve venire da lontano. C’erano come degli artigli che lo tenevano fermo, conficcati nel suo cervello, troppo potenti per poterli ignorare.

Lo stesso Kevin continuò a lottare. Poteva sentire l’Alveare che si muoveva dentro di lui, prelevando parti della sua mente nel modo in cui un esercito invasore avrebbe potuto saccheggiare campi e città. Kevin iniziò a nascondere parti di se stesso, ricordando il modo in cui nascondeva la propria paura per il bene di sua madre, cercando di nascondere quello che poteva mentre gli alieni continuavano ad avanzare all’interno del suo cervello. Se fosse riuscito a resistere abbastanza, magari avrebbe trovato un modo per tenersi staccato dall’Alveare. Per rimanere se stesso.

Sentì il momento in cui lo collegarono all’Alveare, passando dal vedere tutte le scie separate ad esserne una parte. Poteva sentire i messaggi e i pensieri degli altri, gli ordini dei Puri e l’obbedienza del resto.

Una mente che divide le cose, pensГІ un Puro nei suoi confronti.

Una mente che ГЁ proprio quello che ci serve, confermГІ un altro.

Kevin poteva sentire la presenza di Puro Xan accanto a sГ©. Svegliati, Kevin, entra nella tua nuova vita.

Kevin aprì gli occhi di scatto. Non ricordava di averli chiusi. Il mondo attorno a lui sembrava strano, avvolto in uno scintillio di nuovi colori, dettagli che non avrebbe mai notato prima con i suoi occhi. Era come se fosse capace di concentrarsi su ogni movimento della polvere o cambiamento di colore.

Si guardò attorno osservando i macchinari, e l’Alveare dentro di lui gli spiegò a cosa servisse ciascuno di essi. Era riuscito a trattenere una parte di sé? Kevin non lo sapeva. Si sentiva ancora come fosse se stesso, anche se tutto il resto nel mondo gli appariva strano. Sembrava allo stesso tempo più vivo e più connesso di quanto avrebbe potuto credere possibile.

Puro Xan si portò accanto a lui, operando sui controlli della cornice, così che Kevin sentì la gravità riportarlo verso il pavimento, non più bloccato al pannello di vetro.

“Benvenuto nell’Alveare, Emissario Kevin,” lo accolse Puro Xan.




CAPITOLO CINQUE


Luna e i motociclisti scappavano dai controllati che man mano si avvicinavano. Scattarono verso le moto, cercando di arrivarvi prima che la maggiore velocità di quegli alieni li portasse loro addosso. Luna corse verso il punto dove si era fermata la sua motocicletta, ora riversa sul fianco con il sidecar verso l’alto, ovviamente buttata a terra dal caos che aveva fatto seguito al momento in cui l’avevano catturata.

Cercò di raddrizzarla, spingendovi contro tutto il corpo, ma sentendosi come se stesse premendo contro un muro di pietra. La sentì spostarsi leggermente mentre continuava a spingere, e poi finalmente la raddrizzò sollevando una piccola nuvola di polvere quando il sidecar andò a colpire la strada.

“Entra, Bobby,” gridò al cane, che era ancora impegnato a ringhiare all’orda di controllati in avanzata, come se potesse riuscire a respingerli. “Sbrigati!”

Luna indicò il sidecar e il cane colse il messaggio, saltandovi dentro e accomodandosi, guardandosi attorno ancora con i denti digrignati. Guardando alle sue spalle, Luna capì il motivo: i controllati erano davvero vicini, correndo a una velocità tale che a ogni battito di ciglio avevano guadagnato sempre maggior vantaggio. Luna fece per accendere la motocicletta, determinata a mettere più distanza possibile tra lei e i controllati…

Non partiva.

“Non ora,” disse a denti stretti mentre il motore borbottava e sputacchiava. “Andiamo!”

Saltò con tutto il proprio peso sul pedale dell’accensione, una volta e poi un’altra ancora. Vedeva i controllati sempre più vicini, a venti metri, poi a dieci. Luna sentì salire la paura. Non aveva davvero alcuna intenzione di venire a scoprire cosa facessero i controllati a qualcuno che non fosse più dei loro.

Saltò ancora una volta sul pedale, spingendo con tutto il suo peso, e la moto rombò avviandosi. Luna non esitò e accelerò il più forte possibile staccandosi dall’ondata di gente controllata che ormai incombeva su di lei. Sentì un peso mentre una mano priva di sensibilità si aggrappava alla sua moto, una donna con le pupille velate che si teneva con tutte le sue forze mentre la motocicletta la trascinava, facendola scivolare sul terreno.

Luna cercò di ricordare se avesse visto quella donna mentre erano stati tutti costretti a lavorare. Si trovò a pensare alla persona che probabilmente era ancora intrappolata da qualche parte dietro a quegli occhi, la persona che quasi sicuramente stava lottando contro quel corpo anche mentre tentava di afferrare Luna. Luna ora sapeva perfettamente quanto orribile fosse essere un controllato, e sapeva che non c’era nulla che la persona lì potesse fare per fermarsi.

D’altro canto sapeva anche che non sentivano dolore.

“Scusa,” le disse prendendo a calci alla donna fino a farla cadere in mezzo alla strada, permettendo alla moto di scattare in avanti. Luna stessa dovette tenersi con forza per non farsi sbalzare all’indietro.

Attorno a lei Luna vide i membri del Circolo Motociclistico di Capopolvere che prendevano le loro motociclette e partivano in formazione, le moto che disegnavano un’ampia V, come se potessero essere capaci di schiacciare qualsiasi cosa si fosse messa loro davanti. Vide Ignazio che saltava dietro a Orso, sempre tenendo stretta in pugno la sua preziosa pistola a vapore.

C’erano altri controllati che sbucavano dalle strade laterali ora, lanciandosi addosso alle motociclette da ogni direzione. L’unica speranza sembrava quella di continuare a dare gas ai motori, sperando che la pura velocità li portasse a superare la massa di gente controllata prima che questi potessero travolgerli come l’acqua che si riversa in un lavabo. A Luna non dispiaceva andare più forte. Avere paura della velocità era decisamente meglio che pensare alla prospettiva di essere fatti a pezzi dai controllati.

“Non vi fermate!” gridò Luna agli altri, con la voce più alta che poté in modo che le sue parole si potessero udire nonostante il rumore assordante dei motori. “Dobbiamo scappare!”

Continuarono a guidare il più velocemente possibile. Con i controllati che si avvicinavano da dietro e dai lati, le moto sbucarono dalla massa come un tappo dal collo di una bottiglia. In un istante si trovarono nello spazio aperto, lanciati a pazza velocità in mezzo a Sedona, cercando di allontanarsi il più possibile dall’orda di controllati. Ora la loro velocità era nettamente superiore a quella dei loro inseguitori, e si poterono dirigere senza ulteriori ostacoli verso i confini della città.

“Penso che ce ne siamo sbarazzati,” disse Lupetto con un sorriso che lasciava intendere quanto fosse felice di essere libero dal controllo degli alieni.

Luna gli sorrise, perché era ugualmente contenta di avercela fatta. Ed era contenta che anche lui fosse stato salvato. Non avrebbe per niente gradito l’idea di Lupetto che restava lì mentre lei e gli altri scappavano. Portò la moto vicino alla sua, pronta a chiamarlo, anche se non aveva un’idea chiara di cosa gli avrebbe detto. Magari che era contenta che lui fosse lì, o forse qualcosa di più.

Qualsiasi cosa stesse per dire, le parole le si bloccarono in gola quando il bagliore di qualcosa in cielo colse la sua attenzione, diventando ogni momento piГ№ grande.

“Una navicella!” gridò Luna mentre la vedeva scendere.

La navicella era una di quelle più piccole, ma questa aveva un aspetto in qualche modo più affusolato rispetto alle altre, e sembrava più pericolosa. Se le altre erano api operaie costruite per trasportare cose sulla nave più grande, questa assomigliava più a un calabrone, con i contorni spigolosi e dall’aspetto letale, progettata per uccidere qualsiasi cosa le si mettesse davanti.

“Sta venendo da questa parte!” gridò Luna.

Stava scendendo rapidamente e Luna si trovò a chiedersi da dove fosse saltata fuori. La navicella più grande sopra a Sedona era sparita. Addirittura la navicella madre che c’era prima in cielo ora se n’era andata, svanita tanto rapidamente quanto era arrivata. Questa doveva essere arrivata da una delle altre navicelle che stavano ancora sospese sopra ad altri paesi e città per prendere ciò che potevano. Dalla velocità a cui stava avanzando, probabilmente stava spingendo i suoi motori al massimo della loro potenzialità.

“Hanno mandato una navicella da un’altra città per prenderci?” gridò Lupetto.

Non aveva senso che una navicella fosse arrivata lì tanto velocemente, o che loro potessero essere tanto importanti per gli alieni. Eppure non le veniva in mente nessun altro motivo per cui una navicella spaziale come quella venisse così velocemente verso di loro, o così bassa, a una trentina appena di metri da terra. Forse il fatto che si erano risvegliati dalla condizione di controllati aveva fatto arrabbiare gli alieni più di qualsiasi cosa avessero potuto fare.

“Devono aver percepito che delle persone si sono liberate dal loro controllo,” gridò Luna.

“Ho scoperto che i controllati si affrettano ad andare dove ho operato con la mia pistola,” spiegò Ignazio dalla moto di Orso. “Penso stiano tentando di fermare i miei tentativi di aiutare la gente.”

Luna pensò agli alieni che l’avevano controllata. Come avrebbero potuto reagire a gente che si liberava di loro? Come avrebbero risposto a qualsiasi perdita di controllo quando tutto ciò che parevano volere era prendere sempre di più?

A Luna parve di vedere qualcosa che iniziava a brillare nella parte frontale della navicella, un arancione vivo che dava l’idea che qualcuno avesse dato fuoco alla punta del muso del velivolo. Luna cercò di decidere se si trattasse di un trucco della luce, e poi un pensiero ancora più orribile le venne in mente.

“Sparpagliatevi tutti!” gridò, tirando la motocicletta di lato così repentinamente che le ci volle uno bello sforzo per tenerla dritta.

La strada davanti alla loro piccola carovana eruppe in un’esplosione di energia che sbrecciò l’asfalto, sollevando pietra e terra che volarono in ogni direzione. Luna vide una delle moto scivolare e capovolgersi, il motociclista che rotolava a terra mentre la terra scompariva sotto di lui.

Luna andГІ fuoristrada, ignorando i salti e gli scossoni provocati dal terreno irregolare mentre rocce e buche minacciavano di sbalzarla di sella. Attorno a lei vide gli altri motociclisti che la seguivano, percorrendo il terreno brullo, restando alla larga dalla linea dritta della strada mentre la navicella aliena fischiava sopra le loro teste. Un altro blocco di terra e pietra si sollevГІ con un secondo sparo, e poi la navicella passГІ oltre, virando nettamente e preparandosi a tornare verso di loro.

Così allo scoperto erano un bersaglio facile. Luna poteva vedere la navicella aliena che si allontanava da loro, ma solo per prendere la rincorsa e tornare all’attacco. Se avesse sparato loro contro da quella distanza, avrebbe avuto un sacco di tempo per prendere la mira e colpirli per bene. Dovevano trovare un riparo, e dovevano farlo ora.

Luna si guardГІ attorno e poi indicГІ verso le valli di roccia rossa nei pressi di Sedona.

“Lì!” gridò. “È la nostra unica speranza.”

Spinse il motore, la motocicletta che scattava in avanti con gli altri al seguito. La terra esplose ancora attorno a loro a un altro passaggio della navicella, e per un momento o due Luna non poté vedere nulla davanti a sé. Quando la nuvola di polvere si diradò tanto da consentirle di vedere, dovette virare di scatto a sinistra per evitare i resti di un albero, strappato dal terreno dall’ultima esplosione. Luna sperava solo di condurre gli altri nella giusta direzione.

Si diressero verso la valle, imboccandola a tutta velocità e continuando a premere sugli acceleratori. Dei lampi di energia andarono a colpire le pareti delle montagne, sollevando in aria la terra e facendo franare le rocce, costringendo così Luna a virare e schivare per evitarle. Le pietre rotolavano e rimbalzavano con grosso frastuono; una le passò vicino alla testa, tanto vicina da costringerla ad abbassarsi per schivarla.

“Sta scendendo di più!” gridò Lupetto da qualche parte vicino a Luna. Luna sapeva di dover tenere gli occhi fissi sulla vallata davanti a sé, ma non poté fare a meno di arrischiare un’occhiata alle proprie spalle.

La navicella aliena stava volando quasi rasoterra, spostandosi nella valle e cercando di approntare lo sparo successivo.

“Più veloci,” gridò Luna.

“Non riusciamo a seminarla,” esclamò Lupetto.

“Non dobbiamo seminarla,” gridò Luna. “Dobbiamo solo scoprire quanto velocemente può svoltare.”

Vide Lupetto sorridere: aveva capito. Il gruppo di motociclisti continuГІ ad avanzare, inoltrandosi nella valle.

“Tieniti duro, Bobby,” disse Luna.

Luna si teneva stretta alla motocicletta, prendendo le svolte e le curve alla massima velocitГ , poi ancora piГ№ veloce. Le rocce rosse dei versanti torreggiavano sopra di lei come cumuli malformi, con pietre che cadevano quando venivano colpite da lampi di energia, un promemoria di quanto tutto questo potesse andare storto. Una curva presa troppo di corsa, uno scatto del manubrio nella direzione sbagliata, e lei Bobby sarebbero finiti di peso contro le pareti delle montagne, con troppa forza per poter sopravvivere.

Luna tenne stretto il manubrio, vi si chinГІ sopra e diede ancora piГ№ gas.

Osò lanciarsi un’occhiata alle spalle. La navicella aliena era ancora lì, che girava e svoltava insieme a loro, sparando a caso quando non riusciva a puntare un tiro perfetto. Oscillava da una parte e dall’altra sfrecciando in mezzo alla vallata. Poi, senza preavviso, Luna vide che andava a sfregare con un lato contro la parete.

“Attenzione!” gridò, mentre la navicella rimbalzava da una parete all’altra, sforzandosi di correggere la traiettoria mentre veniva deviata come la pallina di un flipper, le scintille che volavano a ogni colpo, assumendo pian piano un’angolazione che puntava verso il fondale della valle.

Il rumore quando colpì il terreno sembrò riempire il mondo, la polvere che volava mentre il velivolo si piantava di muso e tutto il resto veniva annebbiato. Luna e gli altri dovettero continuare a correre a tutta birra per guadagnare distanza dal disastro. Però lo spazio stava finendo, perché la vallata si stava chiudendo, sigillata da una parete di roccia che era traforata solo dalle aperture generate dalla grata di una caditoia. Luna corse verso quella parte, sperando che la navicella si fermasse prima di schiacciarli tutti contro la parete rocciosa. Accostò accanto a un muro di pietra, rabbrividendo mentre la navicella si avvicinava sempre più.




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